Cher Ami è stata un’eroina. Gli eroi non hanno patria, colore, religione.
Ma nemmeno specie animale d’appartenenza, a volte.
Questo post parla di Cher Ami, Caro Amico.
E chi è?
È un piccione, creduto maschio ma in realtà femmina, che cent’anni fa diventò la salvezza di un bel gruppo di soldati che lottavano nella Francia della Prima Guerra Mondiale.
L’uso dei piccioni nelle guerre
Ancora prima della Prima Guerra Mondiale, i piccioni viaggiatori venivano usati come mezzi di comunicazione.
Questi intelligenti volatili si erano dimostrati di grande utilità per trasportare rapidamente i messaggi, specialmente quando i fili del telefono sono stati spezzati dalle bombe, rendendo impossibile qualsiasi comunicazione tra il fronte e la retroguardia.
Nel caos bellico, questi uccelli sono in grado di agire con grande autonomia.
Si scrive nei giornali dell’epoca:
I piccioni si abituano al rombo dei cannoni e, in gran parte, tornano alla colombaia, dalla quale un motociclista li aveva trasportati in una gabbietta di vimini.
Ma sebbene molti piccioni viaggiatori si siano distinti durante la Grande Guerra, Cher Ami è certamente il più famoso.
Storia del Battaglione Perduto
Offerto da colombicoltori inglesi ed addestrato dagli americani, questo piccione-soldato apparteneva allo United State Army Signal Corps, un’unità dell’esercito a stelle e strisce specializzata in sistemi di informazione e comunicazione militare.

Soldato dei Signal Corps con un piccione.
È noto per aver consegnato dodici messaggi della massima importanza nell’area di Verdun, ma soprattutto per aver salvato nientepopodimenoché un intero battaglione di soldati americani.
Siamo al 3 ottobre 1918.
Durante l’offensiva della Mosa-Argonne, il maggiore Charles Whittlesey e circa 550 soldati della 77ª Divisione di Fanteria degli Stati Uniti, si scoprono isolati dal resto del loro reggimento, nella foresta di Argonne.
Fanno parte di quello che verrà chiamato poi, nei libri di storia, il Battaglione Perduto.
Il battaglione è circondato dai tedeschi, a pochi metri dalle linee nemiche, senza cibo o munizioni.
Peggio ancora, stanno iniziando a essere l’obiettivo del fuoco amico: le truppe alleate americane non sanno che sono lì.
Sono incapsulati in un abbassamento del terreno, sotto una collina.
La situazione è critica: hanno il fuoco dei tedeschi da una parte, e il fuoco americano dall’altra.
E i proiettili, si sa, non si fermano a chiedere le generalità, prima di colpire.
Se non vogliono essere decimati dai loro stessi fratelli d’armi, devono a tutti i costi ripristinare i collegamenti.
Dei volontari si fanno avanti. Purtroppo, sono decimati non appena si lanciano cercando di superare la linea dei tiratori nemici.
Un primo piccione viene inviato, con il seguente messaggio:
Molti feriti. Non abbiamo via d’uscita.
Il volatile viene abbattuto. Lanciano allora un secondo piccione, con il messaggio:
Gli uomini soffrono. Potete aiutarci?
Sparono ed abbattono anche questo soldato pennuto.
Il quadro è nero. In cinque giorni, dei 550 soldati che componevano il battaglione di Whittlesey, ne restano 194.
Ed è qui che la nostra eroina entra in gioco.
Storia di Cher Ami, il piccione eroe
Il piccione femmina color bianco ed ardesia, viene ritrovato sul cadavere di un soldato americano.

Capitano Carney con Cher Ami, appena recuperata dalle ferite di guerra
In un battibaleno, le legano un messaggio alla zampa:
We are along the road parallel to 276.4. Our own artillery is dropping a barrage directly on us. For heaven’s sake, stop it
“Siamo sulla strada parallela al 276,4. La nostra stessa artiglieria ci sta sparando. Per l’amor del cielo, fermatevi”
Cher Ami dubita un secondo su quale direzione prendere, poi decolla, schivando la pioggia di proiettili delle mitragliatrici nemiche.
Ma… non riesce a schivarle tutte. La povera picciona è colpita ad un occhio e al petto.
E purtroppo, anche a quella zampa a cui era legato il messaggio: il proiettile gli dilania l’arto e il pezzetto di carta resta attaccato a giusto poche fibre di carne.
I soldati americani hanno un colpo al cuore quando lo vedono cadere, riprendersi e rialzarsi in volo.
Siamo nei tempi supplementari: se Cher Ami non riesce nell’impresa, sono spacciati.
Il piccione copre 25 kilometri in poco meno di mezz’ora, arriva al Quartier Generale delle truppe americane e consegna il messaggio.
Insanguinata, esausta, è mezza morta.
I rinforzi escono in soccorso ai commilitoni d’immediato e riescono a metterli in salvo.
Sopravvivono molti soldati, e anche il piccione
L’ulteriore miracolo è la sopravvivenza di Cher Ami: neppure l’artiglieria tedesca è riuscita a vincerla.
La zampa ferita è spacciata, ma grazie ad una peculiare protesi di legno, riesce a camminare dignitosamente.
Il leggendario Generale John Pershing, provvederà a decorarla con la Croce di Guerra e con l’Oak Leaf Cluster, le Foglie di Quercia.
Poi, le concede una meritata pensione in terra americana a Washington.
Sarà lo stesso generale a portarla con sé nel translatlantico Ohio.
Anche il suo allevatore e addestratore nei Signal Corps, Enoch Clifford, riceverà un’onorificenza.
Il 13 giugno 1919, nel suo buen retiro a Fort Monmouth in New Jersey, l’eroica picciona muore e viene subito imbalsamata.
Viene conservata nelle sale del Museo Smithsonian, e nella cultura popolare pre-Seconda Guerra Mondiale, viene considerata alla stregua di un eroe di guerra umano a tutti gli effetti.
Oggi, è visibile al Museo Americano di Storia Nazionale, nella sala intitolata Il Prezzo Della Libertà.

Cher Ami, imbalsamato nel Museo Americano di Storia Nazionale, Washington DC.
Nel 1936 a Lille, nel nord della Francia, viene eretto un monumento ai più di 20.000 piccioni viaggiatori caduti per la difesa della patria durante la Prima Guerra Mondiale, e ai tredici colombicoltori uccisi dai tedeschi per avere difeso le loro creature.
L’uso dei piccioni nelle guerre contemporanee
Con le moderne tecnologie, l’uso dei piccioni entrerà in declino.
Nella Seconda Guerra Mondiale, li useranno ancora l’esercito belga, e in alcuni casi anche l’americano e il britannico.
Gli ultimi eserciti ad avere dei piccioni in servizio, anche se non più in uso, saranno quelli francesi e svizzeri.
Alla fine degli anni ’90, ne smantelleranno le strutture.
Eppure…
Nelle comunità d’intelligence, ogni tanto sorgono sospetti su possibili nemici che potrebbero farne uso.

Aviatore Britannico della Seconda Guerra Mondiale, con dei piccioni da portare con sé nel bombardiere e da usare in caso di emergenza
L’India pochi anni fa, era convinta che il Pakistan ricorresse ancora ai piccioni, in certi casi. Giordania e Siria, nel 2016, affermarono d’avere prove dell’uso di piccioni viaggiatori da parte dello Stato Islamico.
L’intelligence è, dopotutto, essere un passo più avanti del nemico. Tutto, pur di vincere una guerra.
E a volte si può andare molto avanti, andando indietro.
Per approfondire i temi trattati
La Grande Guerra, di Mario Isnenghi e Giorgio Rochat: se dovessi leggere un solo libro in vita tua sulla Prima Guerra Mondiale, dovrebbe essere questo.
Bestie da Guerra, di Giuliano e Maria Maddalena Ferrari: un appassionante excursus storico sugli animali in guerra, dall’antichità ai giorni nostri. È sorprendente, e non solo le parti relative agli uccelli.
Presenti! Animali protagonisti della Grande Guerra, di Laura Simeoni: spettacolare saggio sugli animali nella Prima Guerra Mondiale.
Fa paralleli costanti tra la situazione bellica, la natura ed il paesaggio dei teatri di guerra, la peculiare relazione che sviluppano i soldati con gli animali, portati a proposito o trovati sul posto. Ci sono bestie di tutti i tipi e, beninteso, i piccioni.
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