Il 1627 è un anno movimentato:
- Shah Jahan, il Caltagirone del Taj Mahal, subentra al suo predecessore sul trono moghul, in India;
- Keplero pubblica il suo eccezionale catalogo stellare nel suo Tabulae Rudolphinae;
- il Terremoto della Capitanata fa un macello.
Ma c’è pure un altro fatto.
In un bosco sperduto nella vastità piana della Polonia, a Jaktórow, muore l’ultimo esemplare di uro conosciuto.
Ura, a dire il vero: trattavasi di una femmina.
Ricordo lo sgomento, da bambino.
Passi che s’estingua il dodo: un uccello simpatico, ma dall’aria tonta, oltretutto incapace di volare.
Che razza di uccello sei, se vai in giro con quell’aria allampanata e hai un paio d’ali inutili? Quindi OK, dispiaciuto, ma in fondo, non troppo.
Ma un uro?
Un bovino così possente e aggressivo? E chi se lo sarebbe aspettato.
Presentiamo l’Uro
L’uro euroasiatico, altrimenti noto come Bos Taurus Primigenius, è l’antenato delle specie di bovini domestici che popolano il pianeta.
Non era forse abbondante come la sua discendenza, ma neppure raro: popolava la fascia terrestre che va dal Portogallo al Mar del Giappone, con subespecie che sono entrate nella storia e nella mitologia di tutte le culture che hanno toccato.
Ne parlarono in Occidente nientepopodimenoche Giulio Cesare, Isidoro di Siviglia, Plinio e altri tipi di quelli che suscitano sbadigli agli studenti di storia.
Veniva descritto come enorme e feroce.
È pure vero che a volta, in mancanza di Google o dell’Enciclopedia Britannica, a volte vedevano un altro bestione cornuto, il bisonte europeo, e lo scambiavano per l’uro.

Bisonte Europeo nel Parco Nazionale di Bialowiecza, in Polonia.
Tuttavia, ne abbiamo abbondanti prove archeologiche: l’uro non era né piccolo né mansueto.
Sarà per questo, forse, che nessuno pensa seriamente di risuscitare il dodo, ma un mucchio di gente intende invece risuscitare l’uro.
Per questo, e per il fatto che per il dodo è impossibile, dato che non esiste uccello domestico che ci permetta di fare quello che sto per dirti dell’uro.
La chiave dell’iniziativa è il back-breeding, in italiano forse qualcosa come retro-selezione artificiale.
I critici, da anni, fanno piovere critiche fitte sulla cosa, per varie ragioni.
Siamo davvero capaci di strappare l’immagine del possente bovide dai graffiti delle grotte di Lascaux e rimetterlo in natura? E incidentalmente su Instagram?
#aurochsareback #luroèritornato
La questione suscita interesse dal punto di vista scientifico, ecologico ed etico.
Il back-breeding consiste nell’incrociare le razze bovine di oggi che hanno conservato meglio le caratteristiche dell’uro. Incrocio dopo incrocio, si potrebbe arrivare a un uro rigenerato.
Ma è tecnicamente possibile? E poi, che ne faremmo?
Lo metteremmo in uno zoo, lo alleveremmo per trarne filetto di uro (come ne Il Trono Di Spade) o lo reimmetteremmo in natura?
E sarebbe giusto farlo?
Sulla prima domanda, possibile o no, hanno lavorato non pochi, nell’ultimo secolo.

L’uro nelle fantastiche grotte di Lascaux, Francia.
È Possibile Risuscitare l’Uro?
Due tedeschi, Lutz e Heinz Heck, hanno aperto la strada agli uro-logi (scusate, non ho potuto trattenermi) che sarebbero venuti.
I due fratelli Heck, direttori di zoo con la tessera del partito nazista, nel primo dopoguerra ricrearono l’animale nel giro di dodici anni.
Una forte componente di toro da corrida spagnolo con apporti di razze come la Highland scozzese, la Frisona olandese, etc.
Hanno convinto i biologi? No.
Anatomicamente, hanno poco da spartire con l’uro vero, sebbene il carattere e la stazza sì che ci si avvicinano.
Con il beneplacito delle autorità naziste, un paio di mandrie vennero esposte negli zoo di Monaco di Baviera e Berlino.
La neospecie schivò la Seconda Guerra Mondiale in modo rocambolesco: parecchi esemplari furono trasformati in bistecche prima della fine del conflitto, è vero.
Ma vari esemplari la scamparono ed ora… ironia della sorte, non sono più a rischio di estinzione.
Oggi, vari zoo sparsi per il mondo hanno questo neouro, ma è ovunque denominato bestiame di Heck.
Ne ho visti in Olanda, nel parco di Oostvaardersplassen.
La mia è l’impressione di un tapino, che sa di scienza quel poco che legge nel tempo libero.
Se vedi la bestia conoscendone la storia, ti impressiona; altrimenti, sembra solo un grosso quadrupede cornuto.

Il bovino di Heck. Visto così, non sembra pericoloso. Ma meglio non fidarsi.
Succede, ma molto meno, per il parco di Oostvaardersplassen. È molto bello da vedersi e visitare, che uno conosca tutta questa manfrina sull’uro o meno, prima di andarci.
Apro una parentesi, che è interessante e necessario.
Il Ritorno Dell’Uro: La Riserva Di Oostvaardersplassen
Chiunque abbia a cuore l’ambiente dovrebbe andare in Flevoland, la più giovane provincia dei Paesi Bassi: è lì che il parco si estende su 6.070 ettari di terra, quattro metri sotto il livello del mare.
Quando hanno scansato il mare e disseccato il terreno, volevano metterci fabbriche e fattorie.
Invece, una manciata di biologi riuscirono a convincere il Governo che la cosa migliore sarebbe stato farne un banco di prova paleoecologica.
Cioè, riprodurre l’Europa di ventimila anni fa: il Governo orange accettò.
Oostvaardersplassen è oggi una riserva piena di cervi, cavalli, volpi, oche ed uccelli di ogni tipo, tutti selvatici o rinselvatichiti. E, appunto, gli uri o bovini di Heck.
Parte del lavoro è stata fatta da Frans Vera, ecologo olandese; il resto, da Madre Natura.
Non poche specie sono arrivate qui in modo spontaneo. E sia queste che le reintrodotte sono responsabili del design del paesaggio.
E qui si apre un capitolo ancora più interessante.

Il parco nazionale olandese di Oostvaardersplassen, l’esperimento di paleoecologia più interessante del pianeta.
Il Ritorno Dell’Uro: L’Europa Primigenia
Per tutto il XX secolo, la narrativa dominante nella paleoecologia, è che l’Europa intera era anticamente coperta da foreste.
Alcuni biologi pensano invece che il vecchio continente fosse stato piuttosto un collage di ecosistemi diversi: foresta, certo, ma anche prateria ed altre zone.
Ed alcuni pensano che gli animali, soprattutto i grandi erbivori e tra loro gli uri, siano stati i responsabili di un tale assetto paesaggistico.
È una tesi rivoluzionaria, che altri biologi contestano, a base di registri fossili e pollini antichi ritrovati.
Ma l’ipotesi è ancora nell’aria, e Frans Vera è uno di quelli che non molla.
Per lui, Oostvaardersplassen e i 300-400 uri che lo popolano sono il mezzo di provare la sua teoria, oltre ad un eccellente modo di passare una piacevole giornata se si ha voglia di fare il miglior safari possibile nella preistoria.
Ma il ritorno dell’uro non è un sogno esclusivo di Vera, né si vuole limitare alla conferma di una teoria scientifica.
Le iniziative in tal senso non mancano: ce ne sono in Germania, Spagna, Ungheria, Russia…
Sarà difficile mettersi d’accordo su quale sia più uro degli altri.
Nel frattempo, è arrivato una manna dal cielo: nel 2015 è stato sequenziato per la prima volta il genoma di un esemplare fossilizzato.
Sarebbe meglio averne alcune dozzine, per via di questioni di variabilità genetica, ma per lo meno è un inizi: non per risuscitamenti in stile Jurassic Park, ma per capire meglio com’era.
Dalle informazioni di cui disponiamo, si stima che pesasse una tonnellata circa e misurasse 1.75m al garrese.
Informazioni golose per quelli di The Tauros Programme.

Scheletro di uro ritrovato a Vig, in Danimarca.
Le iniziative correnti impiegano genoma di bestie quali la podolica, la maremmana, la busha, la chianina ed altre 34 razze bovine.
Se diamo retta a Ronald Goderie, biologo coinvolto nel progetto, siamo già oltre il 75% dell’animale obiettivo. Manca poco per il ritorno dell’uro.
Veniamo alla seconda domanda. Ha un senso risuscitare l’uro?
Il Ritorno Dell’Uro: Per Quali Ragioni Risuscitarlo?
Secondo un nutrito gruppo di scienziati, ha molto senso farlo.
Rewilding Europe è uno di questi gruppi: non solo sposano il credo di Frans Vera.
Vanno oltre e si propongono di rinselvatichire (rewilding, nel gergo) tutta l’Europa possibile.
Penseranno alcuni: se abbiamo già problemi di coesistenza con gli animali selvatici attualmente esistenti, è una buona idea aggiungerne altri che sono scomparsi da secoli?
In realtà, potrebbe esserlo.
Il fatto è che pochi sanno che le terre agricole in Occidente stanno subendo un lento ma inarrestabile processo di abbandono.
Cambiano i processi produttivi, cambiano le dinamiche economiche… ci sono un mucchio di ragioni.
Aumenta il numero e la dimensione delle città da una parte; e aumentano le terre incolte dall’altra.
Per l’uro, potrebbe esserci più spazio di quanto non si pensi.
Terza questione: è eticamente corretto rimettere al mondo (o creare ex novo in stile Frankenstein) una specie estinta?
Il Ritorno Dell’Uro: È Giusto Farlo?
Se ne può dibattere per anni, con argomenti sensati a favore e contro, e non venirne mai a capo.
Ci sono biologi che lo considerano un dovere: la civiltà umana ha spazzato via una specie intera, è nostro dovere ridargli lo spazio che aveva, ora che ne abbiamo i mezzi.
Altrettanti biologi non vi vedono alcun imperativo morale, ma trovano l’esperimento interessante.
La maggioranza dei comuni mortali, immaginiamo, muore dalla curiosità di vederlo.
Capisco le titubanze degli scettici. Ma anche a me piacerebbe vederlo dal vivo, nei boschi. .
Spererei solo di non ritrovarmelo davanti quando vado a funghi nel Parco del Monte San Vicino e del Monte Canfaito.
Lassù, per ora, ci vedo meglio le placide mucche marchigiane.
Bibliografia Consigliata
Selvaggi. Il rewilding della terra, dei mari e della vita umana, di George Monbiot
Archeologia del Paleolitico. Storia e culture dei popoli cacciatori-raccoglitori (con DVD), di Fabio Martini
La malinconia del mammut. Specie estinte e come riportarle in vita, di Massimo Sandall
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