Questo post parla della Coca-Cola.
Non delle straordinarie proprietà organolettiche della sbobba effervescente, ma delle peculiari origini della Coca-Cola.
Da una parte, il presunto segreto della sua formula, che non è altro che un ottimo stratagemma di marketing dell’azienda americana.
Da un frammento infinitesimale di materia organica, oggi, si riesce a saperne vita, morte e miracoli in un laboratorio: problema risolto.
Mai visto un episodio di CSI?
Dall’altra, quando uno vince, sono in molti a correre in soccorso del vincitore.
Vediamo se riusciamo a fare un po’ di chiarezza sulle origini della Coca-Cola.
Le origini della Coca-Cola: gli inizi
Correva l’anno 1885. Siamo ad Atlanta, Georgia, nel sud degli Stati Uniti.
Un tal John Stith Pemberton è tornato dalla Guerra Civile Americana con un’assuefazione alla morfina.
La cosa non era proprio fuori dal comune: era pratica abituale usare la morfina come antidolorifico, e presto uno non poteva più farne a meno.
Se non fosse stato per quella ferita da baionetta nel petto, a pochi giorni dal fine della Guerra, il mondo avrebbe preso una piega diversa.

Ritratto di John Stith Pemberton, inventore Coca-Cola
Pemberton era, tecnicamente parlando, un drogato tra tanti veterani drogati. Con una piccola differenza: aveva studiato da medico e farmacista.
Ed è nella professione farmaceutica che entra, quando si reincorpora alla vita civile. Per alleviare i dolori senza i potenti effetti collaterali della morfina, si ingegna a crearne un sostituto.
Prova con piante autoctone nordamericane, prova con foglie di coca macerate in vino.
Alla fine, se ne viene fuori con una formula a base di alcool, foglie di coca, zucchero, noci di cola e damiana, una pianta centroamericana.
Tossicodipendente sì, ma anche imprenditore
Non si sa esattamente perché, ma nelle storie sulle origini della Coca-Cola, non si fa menzione dell’affanno di Pemberton per diventare ricco.
Il che, peraltro, è del tutto comprensibile: chi non vorrebbe prendere due piccioni con una fava, liberarsi di una tossicodipendenza e fare quattrini allo stesso tempo?
Lui, georgiano di nascita, è in questo momento a Columbus, in Ohio: sua moglie è di qui, qui si è sposato, qui è nato il suo unico figlio.
Ma a formula pronta, tutta la famiglia fa i bagagli e scende giù ad Atlanta.
Registra la ricetta, gli dà il roboante nome di Pemberton’s French Wine Coca, ossia Il Vino Francese di Coca di Pemberton, e cerca di iniziare a commercializzarlo.
Il suo target è l’elite intellettuale di Atlanta: la sua bevanda avrebbe corroborato i loro sforzi cerebrali.
L’anno dopo, la prima sorpresa: la contea di Fulton e la città di Atlanta, proibiscono gli alcolici.
Pemberton è costretto a sostituire l’alcol della sua ricetta, con dello sciroppo di zucchero: cerca di venderlo e il primo anno non raccimola che pochi dollari.
Si dà comunque da fare: cerca investitori, visita ogni tanto Asa Candler, uomo d’affari che già in gioventù aveva realizzato il sogno americano.

Asa Candler, tycoon americano, propulsore della Coca-Cola
Ma il tycoon in erba non è interessato. Fino a quando, un giorno, prova la bibita e ne resta estasiato.
Candler compra l’azienda fondata da Pemberton, ma arriva una seconda sorpresa: Pemberton muore.
Asa Candler sarà il primo di una serie di scaltri uomini d’affari che sapranno portare l’azienda ad essere una delle più quotate di sempre, consumata dappertutto, con un marchio conosciuto perfino dai sassi e un’impronta nella cultura popolare come nessun’altra azienda è riuscita a lasciare.
Attraverserà problemi di ogni tipo:
- le accuse di mettere cocaina liquida nella bevanda,
- due guerre mondiali,
- periodi di scarsità di zucchero e materie prime,
- gli imitatori che spuntano come funghi,
- gli attacchi da parte della comunità medica di favorire diabete ed obesità.
Ti piaccia o non ti piaccia la bevanda, è una gran storia di successo imprenditoriale.
Ma ora, torniamo un passo indietro.
Le origini della Coca-Cola: Chi ne è il vero inventore?
Pemberton crea la formula della Coca-Cola. Ma… è tutta farina del suo sacco? Dall’azienda, dicono di sì.
Eppure, dando un occhio alle informazioni disponibili e a quanto succedeva nel mondo, qualche dubbio viene.
Quando Pemberton se ne viene fuori con la sua formula, in Francia erano vent’anni che un tal Angelo Mariani, corso di stanza a Parigi, aveva creato e brevettato la formula di un vino a base di vino rosso di Bordeaux e foglie di coca.
Il prodotto si chiamava Vino Tonico Mariani (alla Coca peruviana), e stava ottenendo un successo eccezionale.
Mariani, di mestiere farmacista ed esperto in preparati galenici, trova di grande interesse un lavoro sulla coca pubblicato da un medico italiano, il monzese Paolo Mantegazza, egli stesso un personaggio di sommo interesse.
Fa alcune prove, lo registra all’Ufficio dei Brevetti, e lo lancia sul mercato.
È uno dei primi a usare gli influencers: coinvolge tutte le personalità di distinzione dell’epoca, e quando ottiene un feedback positivo sul suo Vin Mariani, lo usa sulla pubblicità stampata, su poster, cartoline.

Vino Mariani con Papa Leone XIII, uno degli eccellenti testimonials reclutati da Angelo Mariani
Arriva a mettere da parte più di 4.000 testimonials, includendo Papi, scrittori e capi di Stato.
In altre parole, quando Pemberton si mette al lavoro, il Vin Mariani era già incredibilmente popolare e non solo in Europa.
Avrebbero i due farmacisti ideato siffatta ricetta separatamente? Possibile, ma poco probabile.
Ma indagando sulle origini della Coca-Cola, c’è un’ulteriore pista da seguire. Ancora una volta, in Europa: ma adesso, in Spagna.
Le origini della Coca-Cola sono in Spagna?
Siamo nella Spagna orientale, nell’entroterra di València e non lontano da Alicante.
Qui, c’è una tranquilla cittadina di neppure 5.000 abitant: Ayelo de Malferit. È una parte di Spagna affascinante e poco conosciuta.
Fino a qualche anno fa, non la si nominava mai eccetto quando si parlasse di Nino Bravo, cantante dalla traiettoria meteorica che qui nacque nel 1944.
Ma gli astuti aieloners, hanno pensato bene di dare un impulso alla città.
Ayelo è un classico esempio di cittadina valenciana: artigianato di legno e vimini, laboratori tessili e calzaturieri, un paesaggio agrario fatto di mandorli, ulivi e viti.
Solo che qui, di viti, se ne coltivano proprio tante: il territorio di Ayelo produce e vende in grandi quantità cultivar americani, tanto in Spagna come all’estero.
Trecento anni di tradizione vinicola non potevano non generare un’industria di trasformazione, seppur piccola.
Nel 1880, tre imprenditori locali tirano su la Destilerías Ayelo, azienda che ad oggi è ancora aperta.
Qual è il nesso tra la distilleria di uno sperduto paesino del vecchio continente, e la bevanda più popolare del pianeta?

Etichetta vintage della Kola-coca, un’opera d’arte come quelle della concorrente bibita americana
La storia, qui, si mescola con le supposizioni e i sentito dire.
Secondo il quasi ottantennne Juan Juan Micó, ex lavoratore della distilleria divenutone proprietario nel 1971, nel 1885 uno dei tre soci fondatori si reca a Filadelfia ad una fiera.
Qui Bautista Aparici, che era il venditore della distilleria, sarebbe andato con alcuni campioni dei liquidi che producevano, incluso il Jarabe Superior de Kola-coca, lo Sciroppo Superiore di Kola-coca.
Sciroppo, dunque, come quelli di Fabbri: da allungare con l’acqua.
L’anno dopo, a 1.300 kilometri più a sud, John Stith Pemberton inizia a vendere la prima formula della sua Coca-Cola.
Un altro dettaglio, è che in qualche momento della metà del secolo scorso, alcuni rappresentanti della Coca-Cola Company si sarebbero presentati alle Destilerías Ayelo per rilevare la marca ed evitare future grane, nel momento in cui si apprestavano a sbarcare sul mercato spagnolo.
Grossi dubbi all’orizzonte
Il proprietario della ditta, il sindaco della piccola località e l’azienda di marketing incaricata di gestire la cosa, sono convinti del vincolo tra la piccola distilleria e la grande corporation a stelle e strisce.
Aspetta aspetta… una società di marketing, incaricata di gestire che cosa?
Il municipio intende ottenere il riconoscimento formale dell’origine valenciana della Coca-Cola, senza altre pretese che sfruttarlo dal punto di vista turistico.
Non aiuta l’abbondanza di supposizioni.
Di sicuro, c’è che la bibita aielera a base di cola vince alcuni concorsi internazionali, e che nel 1903 l’azienda protegge legalmente la sua invenzione all’Ufficio dei Brevetti di Madrid.

Bottiglia di Kola-Coca in vendita nella distilleria
Il punto fondamentale è che… non ci sono prove concludenti. Solo una manciata di indizi.
Non c’è prova del viaggio di Bautista Aparici negli Stati Uniti, non ce n’è di un eventuale contatto diretto od indiretto con Pemberton, non c’è prova dell’iniziativa della Coca-Cola di comprare la marca commerciale delle Destilerías Ayelo.
E con un panorama così nebuloso, fioccano le teorie, i complotti, le fantasie. Le origini della Coca-Cola restano avvolte nel mistero.
Juan Juan Micó avrebbe un quadernino di fine ‘800 con la ricetta originale, conservato in una cassaforte.
Il primo commerciale della ditta, Bautista Aparici, sarebbe stato di casa negli USA, dove andava spesso per vendere e per approvvigionarsi di viti americane, più resistenti alle malattie delle nostrane.
I rappresentanti legali della Coca-Cola sarebbero forse arrivati al paesello valenciano nel 1953 per comprare il brevetto per poche decine di migliaia di pesetas.
Ok, ma le prove inconfutabili dove sono?
Non se ne vedono. Si vede, piuttosto, l’ingegno di un piccolo paese che cerca di spremere tutto il beneficio possibile da una fantasiosa teoria.
Di bibite a base di noci di cola, alcoliche e non, ce n’erano in quantità in Europa e Nordamerica.
Iniziative molto artigianali, in ogni caso. Quelli di Ayelo avrebbero potuto ispirarsi ad altri intrugli visti in giro.
Eppure, chi non vorrebbe sentirsi parte di una grande storia di successo?
Poter tirar su come argomento, che la prima scintilla della Coca-Cola è scoccata a Montegallo, Portogruaro o Petrosino?
Le Destilerías Ayelo, almeno negli ultimi decenni, non hanno mai superato i limiti dalla propria contea.
Non vendono neppure in tutta la provincia di València. Bisogna armarsi di macchina e andare nello spaccio aziendale, per acquistarne i liquori.
Aleggia un’aria di inevitabile declino, all’interno dell’azienda. In pieno XXI secolo, oltre alla mancanza di una rete di distribuzione, non hanno neppure un sito web.
Eppure, il guizzo del marketing non sembra mancare loro. Hanno nomi altisonanti, i liquori: Piacere di Signore, Latte di Vecchia, Amore Perfetto.
Ma sia come sia, forse non c’è da lasciare che la realtà rovini una bella storia.
E magari scoprire che, attraverso un racconto mezzo inventato come questo, permette dopotutto di arrivare qui, nella comarca della Vall d’Albaida, quella parte di Mediterraneo alle spalle della costa di Alicante, che uno difficilmente visiterebbe.
Una zona che è stata araba per 600 anni, di cieli azzurrissimi e terre ocra coperte di frutteti e vigne, sentieri di montagna che passano attraverso i mandorleti da percorrere.
Fino a sera, quando è d’obbligo sedersi su una terrazza, tirare fuori uno di questi superalcolici, tipo Lacrime del Contribuente, diluirlo con acqua e ghiaccio, sorseggiare beatamente e pensare che forse, Atlanta può tenersi la Coca-Cola, che noi non stiamo poi così male, ad Ayelo.

Panorama di Ayelo di Malferit, in Spagna
Bibliografia Raccomandata
La «nazione indispensabile». Storia degli Stati Uniti dalle origini a oggi, di Stefano Luconi
Coca-Cola. L’inchiesta proibita, di William Reymond
The Coca-Cola Art of Jim Harrison
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