Come rappresentare l’immagine di una minoranza nazionale i cui indicatori di identità sono scomparsi nel tempo, dimenticati o proibiti dalla legge?
Quanti conoscono, fuori dalla Scandinavia, gli Skogfinn (letteralmente, i finlandesi della foresta), una delle cinque minoranze censite in Norvegia?

La bruciatura della sterpaglia, dipinto di Eero Järnefelt, 1893
Se non ti suonano familiari, c’è la possibilità che tu ne abbia sentito parlare con uno degli altri nomi che hanno avuto nel corso della loro storia:
- Rugfinner o finlandesi della segale, per via della loro coltura principale. Un po’ come se io venissi chiamato italiano del Verdicchio.
- Finnskoginger o genti delle foreste dei finlandesi, quasi non fossero finlandesi essi stessi. Un po’ come se io venissi chiamato individuo dei castagneti degli italiani.
- Savolaksfinner o finlandesi savoniani, per via della provincia storica di Savonia, con una forte identità propria all’interno dell’alveo finlandese, dai cui territori gli Skogfinns venivano. Un po’ come se io fossi conosciuto come italiano della Marca.
- e infine, Svedjefinner o finlandese del debbio. Per la stessa regola, potrei essere definito italiano della maggese o qualcosa del genere.
Me se già sono particolarmente sconosciuti in Scandinavia, figurati chi li conosce fuori di lì. Eppure, lassù di minoranze ce ne sono altre ed hanno tutt’altra visibilità.
Non c’è da confonderli con i sami, i tornedaliani o gli kve, il che non è mica facile, se consideri che anche le autorità scandinave, nel corso dei secoli, li hanno a volte messi tutti nello stesso mucchio.
Questo popolo originario delle regioni storiche di Häme e Savo, nel sud-est della Finlandia, vicino al confine russo, praticava l’agricoltura del debbio, ossia del taglia e brucia, consistente nel fare piazza pulita di tutta la vegetazione esistente in un terreno tramite il fuoco, prima della semina.
Dopo alcuni anni, la fertilità del suolo svanisc: è quindi necessario trovare nuove terre da bruciare, per poi ricominciare di nuovo.
È per via delle loro migrazioni attraverso la Scandinavia che gli Skogfinn arrivarono finalmente, all’inizio del XVII secolo, nella regione che porta oggi il loro nome, la Foresta dei Finlandesi, una vasta distesa a cavallo tra Svezia e Norvegia.
Il loro esodo era incoraggiato dalla monarchia svedese, che li liberava per alcuni anni dal pagamento delle tasse, nonché diritti di proprietà, in cambio della pulizia del terreno.
I re svedesi, a dire il vero, hanno tanto a che fare con la loro sorte, come il loro peculiare modo di vita.

Il debbio come veniva ancora fatto nel 1893 a Eno, in Finlandia.
Per via delle loro tecniche di coltivazione, erano inclini a spostarsi frequentemente.
Gli Skogfinn nel Regno di Svezia
I re svedesi (all’epoca la Finlandia apparteneva al Regno di Svezia) pensarono di approfittarne per rendere abitabili larghe porzioni di terra del nord e delle terre di confine tra le attuali Norvegia e Svezia.
La cosa cambiò quando la nascente industria metallurgica iniziò a rendere necessarie ingenti quantità di carbone di legna.
La Corona proibì loro di bruciare i boschi e li obbligò a fornire il carbone ad un prezzo irrisorio.
Quattro secoli dopo, non è rimasto molto di ciò che costituiva la loro identità: la necessità di carbone di legna andò a scemare e il debbio fu proibito in entrambi i paesi.
Dopo la morte degli ultimi parlanti del finlandese nella regione, la loro lingua non è più usata: i pochi madrelingua rimasti di questa varietà di finlandese savoniano, sono morti negli anni ’60.
Dal lato svedese, il processo di svedesizzazione dei Skogfinn non è stato soffice.
Da metà del XVII secolo, proibito parlare finlandese, proibito leggere libri in finlandese, obbligo per tutti di imparare lo svedese.
Chi non si adeguava, finiva in gattabuia. Ma come castigo, c’era anche l’incendio della propria casa. Ironie della vita.
Non che si tratti di un processo recente: gli Skogfinns erano molto assimilati nelle culture norvegesi e svedesi già ad inizio del XIX secolo.
Ed oggi, lo sono così tanto che non ci sono statistiche che li descrivano: pochi scandinavi ne conoscono peraltro l’esistenza.
Non gioca a loro favore la demografia: secondo il censimento fatto dall’Unione Danese-Norvegese nel 1686, si trattava di poco più di 1.200 persone.
Ma l’assimilazione forzata da parte delle autorità era solo una delle cause.
Con i tempi che correvano, tutto rappresenta una minaccia al loro stile di vita: migliori comunicazioni, la creazione di sistemi scolastici, innovazioni agricole oltre all’aumento del valore del legname.
In poco tempo, diventarono allevatori e boscaioli, mentre si mescolavano tutto sommato senza problemi con gli autoctoni.
La soluzione di Gottlund alla questione Skogfinn
È da supporre che, quando Carl Axel Gottlund, esploratore, antropologo ante litteram e uno dei motori del rinascimento culturale finlandese, visitò le comunità Skogfinn a metà Ottocento stimando il loro numero in 40.000, buona parte di questi era geneticamente e culturalmente tanto Skogfinn come svedese o norvegese.

Carl Axel Gottlund (1796–1875): esploratore, linguista, autore, storico, traduttore e visionario finlandese
Pochi o molti, il progetto folle che Gottlund aveva, non si realizzerà.
Idealista e spregiudicato, intendeva creare una provincia autonoma tutta per gli Skogfinn, a costo di restringere i diritti di proprietà e residenza di norvegesi e svedesi della zona.
Non funzionerà, ma il vulcanico Gottlund resterà per sempre un eroe della cultura Skogfinn, che è oggi oggetto di una timida rinascita.
Alcuni scandinavi odierni scoprono il loro sangue Skogfinn attraverso un test genetico; per altri, è solo un sentire (più o meno fantasioso).
È sufficiente definirsi Skogfinn per esserlo e spesso, se ti senti attaccato alla Foresta Dei Finlandesi, sei un po’ Skogfinn, secondo quanto raccontano lassù.
Ma che ne è oggi, degli Skogfinn?

Svullrya, recente capitale culturale dei Skogfinn
Gli Skogfinn sono tornati… forse
Negli ultimi decenni, gli Skogfinn, che hanno dato prova di una esemplare discrezione per secoli, hanno mostrato un risveglio culturale.
Ogni estate dal 1970 organizzano un festival a Svullrya, una frazione del comune di Grue, dove si trova il Museo Norsk Skogfinsk. In programma: musica, teatro, passeggiate nei boschi e pasti tradizionali.
Per alcuni giorni, viene proclamata la Repubblica del Finnskogen, con tanto di Governo e Presidente.
La scrittrice Åsta Holt (1904-1999), che raccontò la storia della sua gente in diversi libri, rimase in carica fino alla sua morte.
Essendo stato impossibile trovare un degno rimpiazzo, da allora è l’ambasciatore finlandese a Oslo chi occupa il posto ad interim.

Åsta Holt, scrittrice di origini Skogfinn.
Ci sono oggi iniziative per rimettere in valore le tradizioni e la storia degli Skogfinn, in Scandinavia.
Resta il fatto che i tornedaliani e gli kven, ambedue minoranze d’origine finlandese, saranno pochi ma sono vivi e vegeti ed identificabili, con lingua propria e tradizioni proprie.
Anche i sami, se il riscaldamento globale non ci mette lo zampino, stanno vivendo una piccola età dell’oro culturale.
La lingua e cultura Skogfinn, invece, è nei musei e lì resterà.
Anche se, se si tiene in considerazione che i finlandesi sono un popolo straordinariamente orgoglioso della propria identità, c’è sempre la possibilità che un novello Gottlund esca dalla Suomi paterna e vada a risvegliare la sopita fierezza negli animi dei discendenti di quanti lasciarono la terra dei laghi secoli prima.
Perché se conoscete un finlandese, sapete che può anche abbandonare la sua terra, ma mai le sue radici.
Per esplorare di più l’universo degli Skogfinn
Tirun Lirun: una delle pochissime registrazioni della loro musica tradizionale.
Finnskogen Brinner: un’altra collezione di musiche dei Finlandesi della Foresta.
Musica Rock da Vittula, di Mikael Niemi: è l’esilarante romanzo autobiografico di un autore del nord della Svezia, che appartiene alla più fortunata minoranza meänkieli.
Per visitare le terre degli Skogfinn
Non è facile demarcare con precisione le zone in cui storicamente gli Skogfinn si sono insediati.
Tuttavia, un’area in cui la loro impronta è rimasta impressa, è la provincia norvegese di Hedmark, di grande fascino.
Il modo migliore di arrivare dall’Italia è per via aerea: a seconda della stagione, ci sono collegamenti da quattro-sei città italiane con l’aeroporto di Oslo, che è a 100 km da Grue, il capoluogo della provincia di Hedmark.
I trasporti pubblici in Norvegia sono buoni, nelle aree urbane.
In quelle extraurbane, o devi fare affidamento sui bus, i cui orari possono essere piuttosto scomodi; oppure puoi fare l’autostop, dato che la Norvegia è probabilmente uno dei migliori posti al mondo per usarlo come strategia logistica.
Certo, l’ideale sarebbe proprio affittare una macchina. Occhio alle prenotazioni: la reputazione di paese tra i più cari d’Europa, è fondata.
Tuttavia, andando in gruppo e affittando un’utilitaria, si riesce a svangarla con lo stesso prezzo che potresti avere altrove.
Idem per i prezzi degli hotel in Norvegia: sono cari, inutile girarci attorno.
Tuttavia, la zona degli Skogfinn è forse una delle parti meno turistiche del paese, per cui meno costosa rispetto al resto; e scegliendo l’alloggio con un minimo di oculatezza, si riesce a salvare il budget.
La cucina norvegese
La gastronomia norvegese è stata molto popolarizzata dall’auge della cucina nordica degli ultimi anni.
Gli Skogfinn, per l’epoca, il clima e il territorio, erano piuttosto rustici.
Oggi, l’unico paio di pietanze, forse, tipicamente Skogfinn sono la cacciagione ed ancora di più il pane di segale integrale: è un pane compatto, molto nutriente.
È certamente da provare, ma tieni in conto che è ricchissimo di fibre: io ne ero ghiotto, e benché abituato da anni a mangiare integrale, dovevo fare pit-stop al bagno con una certa frequenza.
Come è lecito aspettarsi, il salmone è onnipresente, in tutte le preparazioni e salse immaginabili.
Patate e cavoli, una volta tra i pochi vegetali accessibili quassù, continuano a svolgere un ruolo di rilievo nei piatti norvegesi.
L’agnello e il montone sono anche dei classici; i formaggi sono molto apprezzati, tipo lo pseudo-formaggio geitost, o il gammalost che consiglio di provare a piccolissime dosi, prima di procedere con porzioni più abbondanti, anche se sei un fanatico dei formaggi forti.
Nelle zone rurali, tipo Hedmark, è facile imbattersi anche in piatti a base di selvaggina.
Non sono economici, per cui calcola bene il cambio dalle corone agli euro.
I dolci sono spet-ta-co-la-ri: quelli a base di rabarbaro sono da leccarsi i baffi.

Torta di Rabarbaro norvegese
E per concludere, gli alcolici: che io sappia, non c’è ancora produzione vinicola, a differenza del sud della Svezia, invece, dove c’è chi ha iniziato da anni a coltivare la vigna.
Ci sono birre, distillati di erbe e idromiele (mjød), che tuttavia per via delle restrittive leggi norvegesi, sono difficili da trovare e carissimi da comprare.
Mi è successo più volte di trovare alcolici norvegesi più facilmente in Inghilterra e Germania, che non nella stessa Norvegia.
C’è, ad ogni modo, una folta comunità di distillatori clandestini: io un paio di degustazioni le ho fatte, di liquori, sidri ed idromiele (come quello che consumano nientepopodimenoché gli odinisti in Spagna).
È chiaramente a tuo rischio e pericolo: le intossicazioni sono molto meno frequenti oggi di quanto lo fossero cent’anni fa, ma ogni tanto qualcuno se ne pente anche oggi.
Norvegia – Lonely Planet: qui ci sono le indicazioni per visitare l’eredità degli Skogfinn e il resto del paese, con un occhio ai Festival durante l’anno, i principali punti d’interesse locali, con il giusto mix di dettaglio storico-artistico e di informazione pratica per muoversi.
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Se ti è piaciuto questo post sugli Skogfinn, ti ritroverò quassù?
Buone letture & Buon viaggio.
Pietro
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