Negli anni successivi all’11 settembre, erano numerosi gli intellettuali che chiosavano:
per lo meno, un effetto positivo l’attacco terrorista l’ha avuto: la gente si sta informando sull’Islam e sul popolo arabo come mai prima.
Sul serio? Sono passati vent’anni e non servirebbe neppure un’inchiesta organizzata.
Se chiedessimo ad una manciata di italiani-occidentali medi, né troppo tonti né genialoidi, verrebbero fuori due-tre nozioni:
- Saddam Hussein era un laico, così come Assad oggi;
- l’Islam si divide in sunniti e sciiti, che non vanno d’accordo tra loro;
- fanno un ottimo cuscus.
L’informazione raccolta in vent’anni, eccola qui. Ci mancano forse una manciata di Piero Angela dell’Islam-arabismo?
Direi di no. Ce ne sono di buoni e anche di ottimi: uno dei migliori ha giusto pubblicato un saggio, che speriamo venga tradotto presto all’italiano.
Tim Mackintosh-Smith: nome mezzo britannico e mezzo informatico, ma purosangue della parola scritta e dell’arabismo.
Il suo Arabs: A 3.000-Year History promette di diventare il saggio storico di riferimento sul tema.

Arabs: A 3,000-year History of Peoples, Tribes and Empires, di Tim Mackintosh-Smith
Tanto per cambiare, traduciamo all’italiano tutte le manfrine Harmony del pianeta, ma poco quei testi che magari ci sviluppano un paio di sinapsi, tipo quelli di Mackintosh-Smith.
Mackintosh-Smith si è meritatamente costruito una reputazione grazie ai suoi precedenti tomi: ha dedicato una trilogia al folle periplo di Ibn Battuta, il leggendario viaggiatore marocchino del Basso Medioevo.
L’autore britannico, formatosi a Oxford, prende sul serio i progetti in cui si imbarca.
Come Ibn Battuta, quando iniziò a seguirne i passi dall’estremo occidente africano fino alla Cina, si rese conto che l’avventura gli stava sfuggendo di mano.
Ibn Battuta, che dei sui viaggi ha lasciato interessantissimi resoconti, salta di palo in frasca: a tratti insegue l’oro, a tratti la lussuria, a tratti il potere.
Inizia il suo viaggio, nel XIV secolo, sulla falsariga di quel gap year comune presso gli anglosassoni, ma a differenza di loro, resterà in giro per 29 anni. Ventinove.
Così, relativamente, fu per Mackintosh-Smith. Dal libro che aveva pensato al principio ne emerge un secondo. Poi un terzo. L’esploratore medievale in fondo se li meritava.
La sua fu un’impresa che meritava un tale livello di approfondimento, da parte di un professionista.
Tim Mackintosh-Smith, giusto per dare un’idea del personaggio senza spoilerare alcunché, è uno che va in Guinea, nello stesso villaggio citato da Ibn Battuta e lì riesce a trovare lo stesso strumento citato da lui.
Bada bene: non lo stesso tipo di strumento: proprio lo stesso.
È un Sosso Bala, ed è questa meraviglia qui:
Ah, è anche musicologo.
Mackintosh-Smith parla correntemente arabo. Di più: è capace di produrre distinti accenti arabi e yemeniti; traduce poesie arabe per puro svago.
È madrelingua inglese, ma la sua padronanza della prosa inglese va oltre quanto sarebbe ragionevole aspettarsi per uno che si è laureato ad Oxford.
Il suo editore, per dire, ogni tanto deve chiedergli se questa parola o quella esistono, o se se l’è tirata fuori dal taschino, alla Camilleri.
In Arabs: A 3.000-Year History, TMS va dall’epoca preislamica all’ISIS, mettendo dentro quanto risaputo ma spiegato male, e quanto inspiegabilmente ignorato.
L’era delle conquiste, le dinastie sovrane, lo splendore di Damasco e Baghdad, il capitolo dell’Andalusia con le sue gioie e i suoi dolori, il giogo ottomano, i nazionalismi del XX secolo. Le faglie sciita e sunnita.
E le due gambe con cui il mondo arabo procede: l’Islam e la lingua araba.
Pochi storici hanno sviluppato il discorso dell’arabo (lingua) come Tim Mackintosh-Smith. Nella tradizione, la lingua araba è il collante che agglutina la umma, la comunità dei credenti.
A questa lingua, ha dedicato peraltro una delle sue prime opere: Yemen – Travels In Dictionary Land. All’arabo e allo Yemen.
Sembra che l’autore britannico, quando vuole fare qualcosa, la faccia per bene.
Ha 21 anni quando esce dall’Università di Oxford: era entrato per studiare lingue e letterature classiche: scopre presto che era già stato detto e ridetto tutto, allora passa all’arabo.
Qui trova la terra vergine che andava cercando; solo che trent’anni fa, per strano che possa sembrare oggi a chi ha studiato lingue a livello accademico, l’arabo insegnato era esclusivamente scritto. Pure a Oxford.
I professori gli consigliano allora di farsi un soggiorno da qualche parte, per imparare l’orale. Yemen, pensa lui.
Ma perché non vai in qualche posto decente?, è il commento di un professore. Non gli serve altro: fa le valigie e ci va.

Sana’a, Yemen
Deve trovarlo stimolante, dato che da Sana’a non se n’è più andato.
Inizia come professore di inglese e/o musica, mentre si istruisce in arabo: è appassionato dalla lingua e dalla cultura e si immerge completamente nell’oggetto dei suoi studi.
Lo Yemen, paese affascinante e sconosciuto, ha un glorioso passato; tuttavia, negli ultimi decenni, non è stato propriamente un’oasi di tranquillità. E negli ultimi anni, la situazione è ulteriormente precipitata.
Imperversa la guerra, le emergenze umanitarie sono all’ordine del giorno, le potenze straniere ci mettono lo zampino e pure l’intero stinco.
Le aziende straniere ritirano i propri impiegati, le ambasciate evacuano tutti gli evacuabili.
Se già in tempi normali c’era da girare con i pickup dai vetri oscurati e la scorta armata, ora solo gli avventurieri più scriteriati vi si recano.
Il nostro britannico che fa, se ne va?
Macché. Continua a girare per la sua città nella tipica tenuta yemenita, mangia salta, mastica khat bevendo acqua ghiacciata nei tetti dei palazzi di fango di Sana’a con amici ed ospiti.

Foglie di khat in un sacchetto appeso al tradizionale pugnale yemenita.
Ogni tanto sì che esce dalla sua seconda patria, ad ogni modo: visita qualche volta i suoi, nelle campagne del Lincolnshire; ma più spesso insegue i soggetti delle sue ricerche.
Ha seguito le orme di Ibn Battuta per 14 anni, così per dire…
Uno finisce di leggere il suo Arabs: A 3.000-Year History con due sensazioni: la prima è quella di aver compreso il popolo arabo ad un livello di dettaglio mai raggiunto in precedenza.
La seconda, quella di aver bisogno di un Tim Mackintosh-Smith per farci raccontare ogni civiltà di questo enorme pianeta.
Bibliografia Consigliata di Tim Mackintosh-Smith
Arabs: A 3,000-year History of Peoples, Tribes and Empires, di Tim Mackintosh-Smith
Travels with a Tangerine, di Tim Mackintosh-Smith
Letture Obbligate Sull’Arabismo e l’Islam
Storia contemporanea del mondo arabo. I paesi arabi dall’impero ottomano ad oggi, di Laura Guazzone
Il mondo islamico. Breve storia dal Cinquecento a oggi, di Pier Giovanni Donini
Letteratura araba contemporanea. Dalla nahdah a oggi, di Isabella Camera d’Afflitto
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