In una città spagnola, d’origine romana, a pochi passi dalla Sierra di Espadán di infame memoria, da circa mille anni esiste una delle più incredibili istituzioni al mondo.
È un tribunale che si riunisce settimanalmente di fronte all’ingresso di una cattedrale, per dirimere le dispute di una particolare comunità.
Parliamo del Tribunale delle Acque di València, città del levante spagnolo.
Passano i secoli, le architetture costituzionali, le stagioni di Beautiful, i governi… ed è ancora lì.
È la València sorta agli onori delle cronache durante un decennio fatto di premi di Formula 1, Coppa America di Vela, trionfi calcistici della principale squadra della città e dell’inaugurazione del monumentale complesso Ciudad De Las Artes Y De Las Ciencias.
L’abbacinante fulgore dell’insieme di edifici futuristici progettati dall’archistar Santiago Calatrava, non deve distrarre dal centro storico della città mediterranea, altrettanto meritorio di attenzione.
Non fa parte del patrimonio materiale dell’umanità, ma di quello immateriale è di certo il protagonista.
Il Tribunale Delle Acque è un consesso di otto membri, che ogni giovedì alle 12h00 si riuniscono di fronte alla Porta degli Apostoli (bellissima, di stile gotico) della Cattedrale.
Si adagiano sulle sedie installate poc’anzi, in quello che è un recinto piccolo, ma organizzato come un presepe: ogni giovedì a mezzogiorno, da almeno mille anni.
Si fa tradizionalmente risalire infatti la nascita di questo organo giudiziario, al 960 dC. Il che lo rende unico nel suo genere, senza eguali in Europa.
Il suo è un percorso che non si può capire senza dei brevi accenni alla storia spagnola e valenciana.
València è stata fondata dai romani. C’erano solo gli edetani prima, pochi: le vicine Arse (attuale Sagunto) e Lliria le facevano ombra.
Ma tra le mire espansionistiche dell’impero, e la Seconda Guerra Punica innescata da un tal Annibale, l’est della penisola iberica conobbe la pax romana intorno al 202 aC.
I Romani, e cartaginesi, greci e fenici prima di loro, avevano già modificato l’assetto agricolo della penisola iberica.
Vite, ulivo, mandorle e i primi sistemi di irrigazione facevano parte del paesaggio valenzano.
Ma dall’epoca romana si passa alla visigota, e dalla visigota all’araba.

Tribunal de las Aguas, pittura di Bernardo Ferrandiz
Nel 711 dC Tariq, prima spada dell’Islam a calpestare il suolo iberico, attraversa lo Stretto e sbarca a Tarifa.
C’è chi dice 714, chi 718, ma è chiaro che è solo questione di tempo prima che le truppe musulmane arrivino a València.
La città, farà prima parte dello splendore di al-Andalus, poi avrà il suo regno indipendente, la cosiddetta taifa.
Nonostante le turbolenze politiche e militari, l’agricoltura fiorirà: le mani degli esperti coltivatori arabi, abituati alla scarsità di risorse acquee come da queste parti, faranno meraviglie.
Al margine dell’importazione su suolo spagnolo di ulteriori specie vegetali ed animali, i sistemi d’irrigazione sperimenteranno un forte balzo in avanti.
Il 9 ottobre 1238, dopo un assedio durato mesi, si firma la capitolazione della città.
I nuovi padroni, gli aragonesi, entreranno trionfanti: le moschee saranno presto riconvertite in chiese, ma non tutto verrà sovvertito: qui come altrove, verranno conservati i palazzi, le espressioni artistiche e evidentemente le infrastrutture d’irrigazione.
Ma in che cosa consistevano, esattamente? Per chiarirlo, occorre parlare del Turia, indomabile corso d’acqua dell’est della Spagna, benefico quanto distruttore.
Il Turia nasce in provincia di Teruel, nella vicina regione dell’Aragona: circa 280 km più a sud, sfocia. Sfociava, più esattamente: ora arriva tuttalpiù un rigagnolo nei giorni di vera abbondanza.
Ma all’epoca, poteva aver una grande portata in certi periodi, ma in generale restava un corso d’acqua erratico.
Da questa parte del continente, eccetto l’Ebro, non ci sono fiumi veri che arrivino al Mediterraneo.

Mappa della rete idrica antica di Valencia, con gli otto canali maggiori.
Gli arabi si ingegnarono per captarne le acque e distribuirle sulla maggior quantità di suolo possibile.
L’horta valenciana, questi ettari di terra coltivata ad ortaggi intorno a València, che è nera e fertile come non ce n’è, non esisterebbe senza la complessa rete creata dagli arabi.
Disegnarono un sistema di canali: otto canali d’irrigazione principali, che si dipartono ad alcune decine di kilometri dalla costa, da cui rami a loro volta si irradiano ulteriori canali minori.
La gestione di ognuno di questi otto rami principali, fa capo a una Comunidad de Regantes, un’organizzazione che raccoglie tutti gli agricoltori che usufruiscono dell’acqua.
Se hai notato la coincidenza numerica, otto membri del Tribunale e otto Comunità di Irrigazione, non è casuale: ogni Comunidad invia il suo Sindico al Tribunale.
Nella giurisprudenza araba, il diritto di accesso all’acqua è inerente alla proprietà della terra. Essere possessore di un pezzo di terra, quindi, ti rende automaticamente membro di una Comunidad de Regantes.
Poiché appunto il flusso del Turia era più imprevedibile di Vittorio Sgarbi a una conferenza, la sfida era fare in modo che ogni agricoltore ricevesse una quantità d’acqua decente.
L’unità di misura dell’acqua non era il metro cubo: era la fila (dall’arabo fil-lah, “una parte del tutto”), che corrispondeva a 1/138 (centotrentottesimo) della portata totale del fiume.
A ciascuno degli otto principali canali, era assegnata la parte d’acqua spettante.
L’esecutore della distribuzione era, ed è, il Guardiano del Canale (Guarda de la Acequia).
Gli otto sindaci sono eletti da tutti gli agricoltori. Requisiti? Oltre ad essere loro stessi contadini, devono essere di provata onestà.
I sindaci possono chiamare a testimoniare il Guarda de la Acequia, il quale è pure colui che convoca gli imputati.
Se questi non accudono per tre volte consecutive, la Corte può condannare in contumacia (en rebeldía).
Quando tutti i membri della Corte si sono seduti, l’Alguacil (funzionario del tribunale) chiede al Presidente l’autorizzazione ad avviare la riunione.

Porta degli Apostoli, Cattedrale di Valencia.
Inizia a citare i nomi dei vari canali di irrigazione, a cominciare con la frase:
Denunciats de la Séquia de Quart!
A questa chiamata arrivano gli interessati: i denuncianti, gli imputati e il Guardiano del Canale che è stato nominato.
Se la frase qui sopra ti sembra spagnolo… ma non troppo, hai ragione: tutta l’attività legale del Tribunale si svolge in valenciano, la lingua locale, e solo oralmente.
L’ordine delle udienze è rappresentato dall’orientamento stesso dei canali dal Turia, andando da ovest a est: si inizia da Quart e si finisce con Robella
Il Guardiano del Canale può anche essere il denunciante, o può presentare alla Corte il contadino che abbia fatto una denuncia.
L’accusa finisce con la frase: Es quant tenía que dir. Il presidente chiede allora: qué té que dir l’acusat? – al che l’imputato può iniziare a difendersi.
Prima di passare il turno di parola, la formula usata è: calle vosté i parle vosté, e proprio come secondo una vecchia usanza araba, la persona che era autorizzata a parlare era indicata con il piede.
Durante il processo, tutte le parti intervengono a loro nome e possono essere proposti solo testimoni o ispezioni visive (la visura).
Il Presidente e i membri del Tribunale possono porre le domande necessarie per chiarire il caso; senza ulteriori formalità e in presenza delle parti interessate, il Tribunale delibera e detta sentenza.
Se la sentenza è di condanna, il Presidente lo fa con la frase rituale:
Este Tribunal li condena a pena i costes, danys i perjuins, en arreglo a Ordenances.
Le ordinanze dei canali d’irrigazione stabiliscono le sanzioni per le diverse infrazioni. Non ci sono appelli. La sentenza è esecutiva.

Tribunale delle Acque riunito il giovedì a mezzogiorno.
È da segnalare che durante i secoli d’attività, la Corte non ha mai avuto un carcere dove detenere agli implicati. Non c’è mai stata una situazione in cui una sanzione non sia stata rispettata.
Ogni giovedì, si rinnova questo millenario rito: al dodicesimo rintocco delle campane del Micalet, la torre campanaria della Cattedrale, gli ingranaggi oliati di questa liturgia si mettono in moto.
Frotte di turisti assistono ad una celebrazione legale che, nel migliore dei casi, dura pochi minuti.
La ragione è presto detta: la superficie coltivata s’è ridotta per via dell’espansione urbana, la captazione idrica riduce già prima delle acequias la quantità d’acqua disponibile, e alcune competenze relative alla gestione delle acque sono ora appannaggio di altri enti.
Eppure, l’istituzione funziona ancora. I quasi 12.000 membri, in caso di disputa, è qui che devono venire.
Nel 2008, è stata riconosciuta dall’Unesco come Patrimonio Immateriale dell’Umanità.

Il fiume Turia impersonificato, circondato dalle otto acequias mayores, in forma di donzelle
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Per approfondire su València e il Tribunale delle Acque
Historia del Reino de Valencia en pildoritas, di José Vilaseca Haro
Pocket Valencia, di Lonely Planet
Gracias por la referencia a mi libro “Historia de Valencia en pildoritas”. Nuestra ciudad es un tesoro a descubrir.
Grazie per il riferimento al mio libro “Storia di Valencia in pillole”. La nostra città è un tesoro da scoprire.
¡Referencia obligada! Gracias por haberte pasado por aquí José 😉